Piccoli agricoltori affrontano il cambiamento climatico riscoprendo colture antiche
Piccoli agricoltori, in varie parti del mondo, ogni giorno affrontano gli effetti del cambiamento climatico cercando nuovi modi di produrre cibo. Molti di loro hanno deciso di cominciare a piantare varietà antiche di semi locali.
Raccontiamo la storia di tre comunità che hanno intrapreso questa strada e cosa li ha spinti a farlo.
Proteggere la biodiversità favorisce la sicurezza alimentare
L’industria alimentare moderna incoraggia gli agricoltori a produrre alcune varietà di vegetali più di altre.
Ma quando un agricoltore sceglie di abbandonare le colture tipiche della sua zona a favore di quelle più commerciali, inevitabilmente parte della diversità di quella zona viene persa. E dunque anche parte della sua capacità di resistere ai cambiamenti.
La sicurezza alimentare passa infatti per la biodiversità.
Per quale motivo?
La biodiversità rende un ecosistema più forte e quindi più resiliente ai cambiamenti.
Alcune varietà di riso, ad esempio, sono più indicate di altre ad essere coltivate in zone aride. Questo perché hanno una capacità superiore alle altre, di crescere in caso di siccità prolungata.
Dunque la diversità, anche all’interno delle specie di vegetali, permette di sviluppare colture con differenti caratteristiche e tra queste alcune con tratti utili a soddisfare le mutevoli condizioni ambientali.
Indonesia dell’Est
Durante il regime di Suharto, negli anni ’80, fu introdotta la coltivazione del riso bianco. Le istituzioni in quegli anni scoraggiarono la coltivazione di sorgo, cereale originario del luogo, diffondendo l’idea che si trattasse di un cereale di qualità inferiore adatto a nutrire gli animali.
Questo tipo di politica si rivelò un disastro nell’Indonesia dell’est a causa della scarsità delle precipitazioni tipica di quel luogo.
Per questo, Maria Loretha, nel 2007, si spostò di villaggio in villaggio in cerca di varietà antiche di semi di sorgo e di altri semi nativi, come riso nero e rosso, mais, miglio e orzo.
La coltivazione del sorgo è abbastanza laboriosa, ma richiede meno acqua e regala un cibo più nutriente rispetto a tanti grani. Inoltre nell’est dell’Indonesia, il sorgo può essere raccolto tre volte l’anno a differenza del riso bianco, che produce un solo raccolto per anno.
Nel contesto del cambiamento climatico, in queste zone, il sorgo offre maggiore sicurezza alimentare.
Maria è convinta che adoperandosi per ristabilire e mantenere la diversità dei cereali locali, le comunità locali potranno diventare più resilienti e difendersi dall’inconsistenza delle forniture di cibo provenienti dall’esterno.
Benin
Le donne del villaggio di Todjedi nel sud-est di Benin hanno fondato una cooperativa agricola tutta al femminile in cui si occupano anche di preservare i semi antichi.
Vogliono trasmettere il loro sapere alle loro figlie, credono infatti, che imparare a coltivare i semi antichi, possa aiutare le future generazioni a sostenersi nonostante le incertezze legate al cambiamento climatico.
Il Benin è inoltre il primo paese ad aver adottato la Legge della Sacra Foresta. Questa riconosce la sacralità dei siti naturali ed affida la loro custodia alle comunità residenti.
Tale legge si è resa necessaria per proteggere la sacra foresta di Benin, luogo in cui avvengono le cerimonie tradizionali della comunità.
La foresta era costantemente minacciata da svariati interessi commerciali.
Zimbabwe del Sud
Lo Zimbabwe del sud da molti anni è colpito da lunghi periodi di siccità dovuti alla scarsità delle piogge. Per questo molti contadini sono alla ricerca di nuovi modi per produrre il cibo.
Il Muende Trust è una associazione presente nella regione del Mazvihwa. Fa parte di un crescente movimento di agricoltori che ricerca la soluzione ai problemi legati al cambiamento climatico nei semi indigeni. Le colture locali di sorgo e miglio sono più adatte a resistere a lunghi periodi di siccità. Infatti le valli ne erano piene prima che venisse introdotto il mais.
Approfondimento
Perché la biodiversità è così importante?
Con Biodiversità si intende la coesistenza di:
-varietà di ecosistemi
-varietà di specie animali e vegetali coinvolte
-varietà genetica all’interno di tali specie
Quanto più sono ampie queste tre varietà in un determinato ecosistema, tanto più forte e resiliente esso sarà, e, di conseguenza, tanto più forti saranno i cambiamenti climatici a cui esso sarà in grado di adattarsi.
Al contrario un ecosistema con una scarsa biodiversità (come le monocolture), difficilmente sarà in grado di sopravvivere a cambiamenti climatici anche di intensità moderata.
Bibliografia
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